Padre Silvano ad Agosto ha inaugurato la casa delle suore di Nduye (Nduye, 16 novembre 2014)
Cari amici,
a volte mi domando se non farei meglio a non scrivere più, a non rispondere ai messaggi e prendere veramente un anno sabbatico epistolare, perché vedo che “una lettera ne tira un’altra”.
Nel primo anno del mio sacerdozio. 1965-66, ho avuto la gioia di lavorare a Cambiago; ero giovane, entusiasta e forse anche un po’ sognatore. Parlando con il parroco, gli dicevo:
“don Carlo, potremmo fare questo, aggiungere una Messa alla domenica o al sabato sera, fare un incontro con i giovani, organizzare una gita.”
E lui mi diceva sorridendo, ma deciso:
“Silvano stai calmo, perché poi “i vizi” vanno mantenuti”.
Non abbiate paura, non sono cambiato molto in questi cinquant’anni. Vi scrivo volentieri anche se a volte questo richiede un piccolo sforzo iniziale, e una delicata ma inflessibile ulteriore sollecitazione da parte vostra. Mi succede così anche quando suona la sveglia al mattino: un attimo di smarrimento, di esitazione e poi avanti!
Ci siamo lasciati in giugno. Sono passati 5 mesi, belli, intensi, fruttuosi.
Avevo allora una grossissima preoccupazione. Dovevo terminare la ristrutturazione della casa delle suore entro il 10 agosto. Ho passato dei momenti e delle notti difficili. I lavori non progredivano come desideravo; la mia inesperienza e quella dei miei collaboratori ci riservavano spesso delle sorprese, delle incomprensioni che ci obbligavano e rifare i lavori; a volte il materiale tardava ad arrivare da Mambasa, a causa della strada; c’erano difficoltà tecniche da risolvere e i giorni passavano.
Di comune accordo con falegnami e muratori,abbiamo prolungato l’orario di lavoro ( rinunciando a un aumento di paga! ); gli incontri e le riunioni di lavoro sono diventati una consuetudine quotidiana. Come contropartita ho curato meglio la “mensa” e li ho stimolati con qualche birra, promessa come ricompensa per ogni tappa raggiunta. State tranquilli, non ne abbiamo abusato! Si è creato un bel clima di collaborazione, di fraternità e abbiamo superato facilmente certi momenti critici di tensioni e di nervosismo. Credo siamo pronti per altre avventure.
Il 10 agosto 2014 è stata una festa meravigliosa. Coincideva con il primo anniversario del mio arrivo a Nduye, 10 agosto 2013.
Erano arrivate da Bunia dodici suore Servantes, con il loro Consiglio generale. E il Vescovo di Wamba con altri preti della diocesi.
Giunti a Nduye in camion, sono scesi vicino alla grotta e si è presentata davanti a loro, in alto sulla collina, la casa delle Suore rinnovata. Ho visto il Vescovo, la Madre Generale e le suore commossi e increduli. Mentre prima dalla strada si vedeva un sipario di foresta e di bambù, adesso si apriva davanti a loro, in alto sulla collina, lo spettacolo di una “villa palladiana”!
Siamo saliti in processione verso la casa e la meraviglia, la gioia crescevano a mano a mano che ci avvicinavamo. Giunto davanti alla casa il Vescovo mi ha guardato e mi ha detto: “Non avrei mai pensato che riuscissi a finire in tempo e a fare un lavoro così bello”. La Madre Generale non trovava parole e mi guardava commossa.
Il giorno dopo, Santa Messa davanti alla casa; benedizione, pranzo aperto a tutti, giochi e tradizionale partita a calcio. Il pranzo comunitario, aperto a tutti, doveva essere una sorpresa, annunciata solo alla fine della Messa. Ho fatto un’eccezione per i Pigmei: è bastato dirlo all’orecchio di pochi, il giorno prima, e sono arrivati numerosissimi, sorpresi, dubbiosi e po’ impacciati. Ma l’impaccio è durato poco, soprattutto quando hanno avuto tutti, davanti ai loro occhi sgranati un bel piatto pieno di riso, fagioli, foglie di manioca e carne di selvaggina!
Verso sera il Vescovo mi incontra e mi dice semplicemente: “Grazie Silvano! E’ stata veramente una bella giornata!” Un bel sospiro anche da parte mia e un po’ di emozione per questo semplice e spontaneo complimento.
Non c’è stato il taglio del nastro, nessuna bottiglia di champagne, nessun discorso , ma tanta gioia e tanta riconoscenza a Dio, ai lavoratori e a tutti coloro che ci avevano aiutato. E una soddisfazione personale: un cantiere senza tornaconti personali e senza tangenti.
In agosto ho riposato un po’, per riprendere ai primi di settembre alcuni lavori, a quadri ristretti: impianto elettrico con pannelli solari, costruzione lavanderia,rifiniture , arredo della casa con armadi, sedie, banchi per la cappella e banchi per la scuola
Ma anche in agosto non sono rimasto in ozio.
Durante l’anno avevo veramente sofferto vedendo la situazione delle scuole e l’abbandono graduale da parte degli alunni. Gli insegnanti sono poco pagati, alcuni e altri non ricevono assolutamente nulla dallo Stato, per cui i genitori sono sollecitati a dare un piccolo contributo (circa due € al mese per alunno). Se i genitori non pagano, i bambini sono rimandati a casa per andare cercare i soldi. Illusione! I bambini non ritornano più a scuola senza nessun rimorso o angoscia nel cuore dei loro genitori; e così anche i maestri ricevono sempre meno alla fine del mese, perché i contribuenti diminuiscono a vista d’occhio.
Il giorno 8 settembre abbiamo iniziato l’anno scolastico. In agosto avevo fatto il censimento dei bambini “scolarizzabili” , a Nduye e dintorni. Risultato: oltre mille bambini! Soddisfazione e tristezza. Soddisfazione per aver realizzato questa operazione , tristezza per una constatazione amara: il 60% dei bambini non va a scuola.
Da allora in poi non mi do’ pace. Il 2014-2015 ha come programma: “Tutti i bambini a scuola!” Ripeto questo slogan ogni domenica nella predicazione.
Il giorno della Messa di inaugurazione, spostata al 4 ottobre per raccogliere anche i ritardatari, c’è stato un pranzo per tutti: alunni e insegnanti!
Ho costruito alcuni ponti, o passerelle per permette agli alunni che vengono dalla foresta di venire anche quando i torrenti o i ruscelli sono in piena.
Abbiamo costruiti i banchi per i bambini della prima e seconda elementare che non riuscivano a sedersi sui banchi standard troppo alti; sto sistemando aule, lavagne e voglio dare ad ogni insegnante i libri di base e creare un po’ alla volta una piccola biblioteca.
In ottobre abbiamo ripreso l’abitudine del rosario, preghiera tanto cara al padre Bernardo Longo; davanti alla grotta, anche questa messa a nuovo, ogni sera, alle 17 ci trovavamo almeno una quarantina di fedeli, bambini, giovani, adulti. Era un momento di pace, di raccoglimento, reso ancora più suggestivo da una fresca brezza e dagli ultimi raggi di un sole che si avvicinava al tramonto tingendo in colori suggestivi e stupendi le nuvole che, docili, si sottomettevano a questo maquillage.
E così siamo arrivati alla fine di ottobre!
Il resto alla prossima puntata, da non perdere!
Programmi per il futuro:
– continuare la nostra vita di presenza, di preghiera, di testimonianza accanto alla gente, nei
momenti e situazioni di gioia, di speranza e di dolore (momenti e situazioni ancora
troppo frequenti e ripetitivi; ve ne parlerò la prossima volta):
– cominciare al più presto l’internato per i bambini Pigmei per facilitare la frequenza alla scuola con qualche probabilità di successo.
– riprendere il programma con i Pigmei “Kutumika ni furaha” (lavorare è gioia!) che ha già dato i primi frutti! Preparazione dei campi e distribuzioni delle sementi a coloro che hanno manifestato buona volontà, impegno, costanza.
– seguire il lavoro dei catechisti impegnati nella preparazione dei ragazzi al battesimo;
– rendere operativo e regolare il lavoro delle commissioni, soprattutto quelle della scuola e della educazione cristiana, del movimento famigliare, dei giovani e sport, dello sviluppo e promozione umana…
– visita regolare ai cristiani dei villaggi,
E tutto questo, possibilmente, senza troppi rallentamenti, freni o perplessità.
Il padre Longo ci ha dato l’esempio, mettendo in pratica fino alla fine della sua vita il consiglio di san Paolo:”Finché ne abbiamo l’occasione e il tempo, facciamo il bene, soprattutto ai nostri fratelli nella fede – e io aggiungo – ai piccoli, ai poveri, a coloro a cui nessuno pensa”.
Grazie di cuore.
Una preghiera: che vi chiedo e che a mia volta vi assicuro.
Un abbraccio.
p. Silvano