Carissimi, finalmente sono arrivato.
Sono a Nduye da alcune ore e, evidentemente, mi sento a casa mia e spero di restarci Congoancora a lungo.
Sono partito sabato scorso da Linate; la sera ero a Kampala. Pensavo di ripartire martedì per il Congo ma non avendo ricevuto una valigia ho dovuto aspettare che arrivasse. Ricuperata la valigia la sera del martedì, mercoledì sono partito per Beni.
Il viaggio fino al confine si è svolto come al solito bene e senza nessun intoppo. In macchina ho anche potuto riprendere il sonno che avevo bruscamente interrotto alle due di notte quando l’autista ugandese era venuto a chiamarmi.
Il passaggio della frontiera, a Kasindi, è sempre problematico. Sei assalito da un nugolo di agenti, poliziotti, doganieri, addetti al controllo dei documenti e dei bagagli. Devi stare calmo, sorridere, stare al gioco. E tutto si risolve in brevissimo tempo se dai mille o due mila franchi (uno o due dollari) oppure in maniera più sbrigativa se dai cinque dollari al capo dicendogli di dividere con i suoi colleghi. Se poi lo farà o meno è un’altra cosa
Kasindi- Beni è un tormento sempre: se la strada è brutta rischi di impantanarti e perdere delle ore; se la strada è passabile, arrivi a Beni con la testa rotta per i continui salti e sballottamenti. Qui un buon chauffeur è quello che va più forte: se poi rompe la macchina o va fuori strada, o disarticola ossa, collo, vertebre del passeggero, questo non è importante. Questa volta sono incappato in questa seconda alternativa. Polvere, salti, finestrini spalancati: a Beni ho chiesto subito alle suore di potermi lavare e poi andare a riposare…La testa scottava!
Venerdì sono giunto a Mambasa, attraversando un tratto di strada pericoloso.
Di frequente in questi giorni, i veicoli, soprattutto i camion sono attaccati dai ribelli (o dai soldati?) e bruciati. Ci è andata bene.
Stamattina ero a Mambasa…e ho assistito a uno spettacolo che mi ha rassicurato e penso rassicurerà anche voi. Ero all’Istituto Bernardo Longo, al momento dell’inizio della scuola. Vi erano 650 alunni che ascoltavano il preside, padre Clemente che dava consigli, istruzioni e concludeva con la preghiera. Rivivevo esattamente quello che ho vissuto per oltre venti anni. La scuola continua e bene.
Bando ai pessimismi.Poi sono partito per Nduye: cielo coperto, pista da Camel Trophy. Mi ero contento, dopo il pieno di soddisfazione e di ottimismo fatto al mattino.
A Bukulani ho visto i lavori della scuola che stiamo costruendo in ricordo di Giuseppe.
A cinque kilometri da Nduye mi attendeva una sorpresa: una staffetta in moto. Austista e passeggero, armato di megafono, mi hanno pregato di andare adagio…
La gente era sulla strada, le donne danzavano, sventolando rami, vestiti e i bambini correvano verso di me, incuranti della moto, per toccarmi la mano. Qui in basso della collina, vicino alla grotta, c’erano centinaia di persone, con il padre Jean Louis, le suore, le autorità…Canti, e poi , in processione, in chiesa, al suono delle campane.
Mi muovevo con naturalezza accettando questa manifestazione di simpatia: il sorriso e il calore erano spontanei.
Davanti alla casa ci salutiamo: ci diamo l’appuntamento alla grotta per il rosario delle cinque (di stasera) e per La Messa di domani…Si riprende.
Domani, Signore mi ricorderà la mia missione fra queste persone che sono alla periferia: essere servo di tutti!
E’ un bel programma per l’inizio di questa nuova tappa della mia vita.
Sono certo che mi sarete vicini affinché possa realizzarlo.
Grazie di cuore.
Ci sentiremo ancora presto. (p. Silvano)